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 Come hai iniziato a studiare musica? Come hai scelto il tuo strumento?

 

Ho iniziato da bambina in un modo del tutto naturale. Avevo una chitarra a casa, mio padre provava a suonarla e mi ha insegnato la melodia del film 'Il padrino'. Ecco, questo è bastato per trovare un maestro; ho iniziato da subito a studiare la chitarra classica che all'epoca non sapevo neanche cosa fosse. Avevo dieci anni ma mi piaceva studiare quel tipo di musica, la chitarra nella sua accezione 'leggera' o 'da accompagnamento non mi ha mai interessata.

 

Quali sono stati i musicisti/ascolti musicali che più ti hanno influenzato e quali sono oggi i tuoi riferimenti artistici, anche non strettamente di ambito jazz?

 

Ho sempre ascoltato di tutto e non sono mai stata una fanatica di nulla in particolare. Per anni mi sono mossa solo in ambito classico e ascoltavo soprattutto musica di quel genere. Devo dire che non ho mai ascoltato molto i chitarristi mentre divoravo i dischi di Glenn Gould, Arturo Benedetti Michelangeli, Sergiu Celibidache, Richter. In ambito jazz ho ascoltato molto, e ascolto tutt'ora, Mal Waldron, John Coltrane, Ornette Coleman, Albert Ayler, Bill Evans, Eric Doplhy. Anche qui devo dire che ho ascoltato pochi chitarristi. Oggi sono piuttosto onnivora, più aperta di un tempo e ascolto musica che prima avrei trovato inascoltabile! Mi interessano soprattutto dischi basati su sedute di improvvisazione; magari li ascolto una sola volta ma va bene così. Non ascolto quasi più la musica di repertorio soprattutto se contemporanea. Non sopporto più i post minimalisti e in generale tutto quel filone che oggi è tanto in voga in ambiti classici che operano con l'intento di divulgare innovazione. Non credo in un'innovazione che preveda notazioni esatte e ritmi dati, credo che ormai la strada senza ritorno sia stata aperta quindi ognuno è libero di fare quel che vuole basta che non racconti che sta innovando. Credo che ognuno sia responsabile del proprio percorso nel senso che per me l'arte in generale ha senso solo quando un'opera x ti cambia, ti rende diverso da come eri prima. Se un'opera x risulta consolatoria e/o rassicurante può anche intrattenermi piacevolmente per il tempo che dura ma non semina nulla in me, quindi non mi serve realmente. Oggi le stagioni di musica, e aggiungo di teatro, sono piene di questo tipo di opere. Credo che sarebbe utile fare sempre distinzione tra arte e intrattenimento, se pur di livello, così, tanto per non fare confusione. Quindi, per tornare alla domanda, ciò che oggi mi influenza è tutto ciò che mi fa venire una nuova idea, che mi dà la forza di intraprendere un nuovo progetto, che mi fa capire che la resistenza a tutto ciò che oggi ci circonda è la sola cosa che conti. Parlo di arte, di teatro, di letteratura, di filosofia, di conversazioni illuminanti. Sono i processi creativi individuali a interessarmi, quando li scorgo li divoro vampirescamente. Spesso non è la musica a ispirarmi, ma l'arte, il teatro, il cinema, la letteratura. Potrei fare nomi, ad esempio Derek Bailey, Richard Foreman, Gilles Deleuze, Jean-Marie Straub, Joseph Beuys, James G.Ballard, ma cambiano in continuazione lasciando ovviamente tracce dentro di me.

 

Pensi che la tua carriera avrebbe avuto uno sviluppo differente se fossi stata un uomo?

 

Assolutamente no. Per quel che è la mia esperienza, che tra l'altro ha attraversato qualche genere musicale diverso, io non ho mai sentito di essere ostacolata o agevolata in quanto donna. Certo, non ho mai fatto la direttrice d'orchestra, lì credo proprio che avrei avuto più di qualche problema!

 

Ritieni che, nel tuo caso, il fatto di essere una musicista donna abbia determinato da parte della critica o degli altri musicisti un approccio diverso?

 

Se così è stato io non me ne sono accorta. Quello che posso notare in generale è che, soprattutto nell'ambito della musica sperimentale, ci sono meno donne, ma credo che le ragioni siano da cercare più indietro, più nei nostri retaggi culturali, soprattutto italiani, che nelle condizioni odierne. Posso farti un esempio concreto, di recente ho suonato al Festival All Frontiers che si svolge a Gorizia e dintorni e che dura tre giorni. E' un festival di respiro internazionale, quest'anno c'erano personaggi del calibro di Charlemagne Palestine, Rhys Chatham e Gavin Bryars, ma io, donna, ho fatto ben due concerti da sola con programmi diversi (in uno ho suonato Book of Heads di John Zorn e in un altro, con la chitarra elettrica, Fausto Romitelli, Vittorio Zago e Elliott Sharp), il set prima del mio Book of Heads è stato affidato a due improvvisatrici donne, aggiungo straordinarie, ovvero Mia Zabelka da Vienna e Anna Homler da Los Angeles, e il giorno prima c'era stato un concerto, sempre in solo, di una violoncellista francese; come media direi niente male.

 

Qual'è stata la tua più significativa esperienza professionale e quali sono stati gli incontri artistici per te più importanti?

 

Dire qual è stata 'la' più significativa esperienza professionale mi risulta un po' difficile dato che alle spalle ho circa venticinque anni di musica, posso però dirti qual è stata l'ultima. Lo scorso novembre ho suonato a Milano in duo con Elliott Sharp ed è stato molto eccitante suonare con lui la sua partitura grafica 'Foliage'. Ci siamo seduti uno di fronte all'altro e sul muro abbiamo proiettato le 80 immagini che compongono il pezzo; si tratta di differenti elaborazioni grafiche di una stessa immagine. Le partiture grafiche sono spesso un pretesto per improvvisare ma con una fonte ispirativa forte. Avere di fronte Elliott con la sua valanga di suoni è stato piuttosto intenso! Un incontro artistico per me fondamentale è stato, e continua ad essere, quello con l'attrice-performer e regista Elena Russo Arman con la quale ho condiviso molte avventure nella ricerca della relazione tra il suono e la voce/parola. Abbiamo attraversato molti generi e il nostro viaggio è sfociato in uno spettacolo che di recente abbiamo portato in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano, 'La mia vita era un fucile carico (being Emily Dickinson)'; questo lavoro per me ha rappresentato un punto molto importante sia per la composizione delle musiche che per l'aspetto performativo che è stato piuttosto impegnativo. Rimanendo in campo teatrale è importante anche la mia collaborazione col gruppo Phoebe Zeitgeist. In ambito più strettamente musicale c'è invece il trio Hurla Janus (con Elio Marchesini e Sandro Mussida) con cui indaghiamo su un vasto territorio che va da Cage, Stockhausen a set di improvvisazione radicale, nell'ultimo concerto abbiamo suonato in una fonderia di bronzo con i forni che funzionavano e che 'suonavano' con noi.

 

Ritieni ci sia stata un'evoluzione rispetto alla presenza femminile in ambito jazz in Italia?

 

A livello strumentale non tantissimo, sicuramente di più per la presenza di bravissime cantanti.

 

A quali progetti ti stai dedicando ora e quali sono i tuoi desideri per il futuro?

 

Progetti più immediati riguardano un solo con una o più chitarre, ancora non so, sulle musiche dai film di Rainer Werner Fassbinder; le musiche sono di Peer Raben. Fassbinder è un regista che ha segnato la mia crescita e la sua collaborazione con questo magnifico compositore è molto affascinante. Avevo già iniziato un lavoro su queste musiche per delle performance organizzate a Milano da Phoebe Zeitgeist e da allora mi è rimasto il desiderio di creare un percorso fatto di temi e improvvisazioni. Andrò ancora avanti con Book of Heads di John Zorn che suono con cinque tipi diversi di chitarre e svariati oggetti (palloncini, bambole che parlano, lime per le unghie...) basato su partiture grafiche in cui l'atto improvvisativo è fondamentale. Sto per registrare un cd che si intitolerà 'La chambre des jeux sonores' con tutte composizioni che ho commissionato a compositori un po' italiani un po' newyorchesi tra cui Vittorio Zago e Travis Just. Ho delle riprese di spettacoli teatrali di cui ho composto le musiche che suono in scena con Phoebe Zeitgeist e il Teatro dell'Elfo. Infine set di improvvisazione, sola o con altri musicisti; a giorni, per esempio, suonerò con Pat Moonchy che, per tornare sul tema iniziale di questa conversazione, ovvero le donne nell'ambito della musica improvvisata, è un esempio magnifico essendo lei una musicista/performer estremamente interessante. Sono poi stata coinvolta in un progetto folle ma bellissimo, l'orchestra TAI, che progetta set di improvvisazione (qui in effetti, a parte me, Pat e la contrabbassista Silvia Bolognesi le quote rosa scarseggiano) con musicisti del calibro di Roberto Del Piano e Massimo Falascone tra gli altri. Tornerò negli Stati Uniti, sostanzialmente a New York, dove ormai trascorro le mie estati cercando di suonare il più possibile e cercando di conoscere e ascoltare tutto ciò che avviene lì. Se già tutto questo si realizzerà gran parte dei miei desideri saranno esauditi!

 

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